Derivati

3 giugno 2016
Anche le imprese spesso sono vittime inconsapevoli dello strapotere delle banche!
Negli ultimi anni si è infatti osservato un preoccupante fenomeno consistente nella insistente richiesta, da parte delle banche erogatrici di credito alle imprese, della sottoscrizione di contratti aventi ad oggetto prodotti finanziari c.d. derivati (swap, futures, etc.).
In genere tali richieste vengono giustificate dalla presunta utilità del prodotto proposto al fine di contenere gli effetti, per l’impresa, dell’aumento del costo del denaro.

In realtà si tratta di strumenti finanziari altamente speculativi riservati ad investitori professionali.

Gli effetti dell’operatività dei prodotti di cui si discute si manifestano, purtroppo, in breve tempo e si rivelano esser un’ulteriore, e pesante, voce di indebitamento delle imprese italiane (in favore diretto delle banche).

In altri termini la banca offre un prodotto che dovrebbe consentire all’imprenditore di diminuire gli interessi dovuti a quest’ultima per i crediti ottenuti ma che, in realtà, è esattamente l’opposto poichè accresce l’esposizione debitoria dell’utente nei confronti della banca.

Contro questo abuso ci si può difendere proprio in virtù del fatto che tali contratti sono riservati ad una categoria di investitori professionali.

Infatti i Tribunali Italiani – proprio a seguito delle numerose cause intentate nei confronti delle banche da imprenditori esasperati dal modo di operare di queste ultime – hanno cominciato ha ritenere invalidi i contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari c.d. derivati se non conclusi con imprenditori che possono definirsi operatori qualificati del mercato e cioè che esercitano effettivamente, in maniera professionale, l’attività di investimento in strumenti finanziari; e ciò a prescindere dalle eventuali autocertificazioni fatte sottoscrivere dalle banche per tutelare, furbescamente, i propri interessi.